STUDIO NOTAIO TERRACINA

FINALMENTE UN FABBRICATO È UN FABBRICATO!

Il titolo sembra un’ovvietà, invece è il risultato di una dura battaglia.

Sì, perché ai fini della tassazione delle plusvalenze da cessione di immobili, secondo l’Agenzia delle Entrate, per lungo tempo certi fabbricati dovevano essere riqualificati come “terreni edificabili”.

Ciò avveniva per i fabbricati venduti per essere demoliti, o compresi in un piano di recupero, ed in tutti i casi in cui il valore del terreno sottostante e della volumetria espressa dallo stesso appariva superiore al valore del fabbricato.

E perché ? Ma per tassare di più naturalmente!

Infatti L’articolo 67, comma 1, lettera b), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), include fra i redditi diversi anche le plusvalenze da cessione, a determinate condizioni.

Significa che se io compro a 100 e vendo a 120, quel 20 è considerato, in certi casi, reddito imponibile.

Quando è reddito imponibile?

Se viene ceduto un fabbricato🏠,
è reddito imponibile se la vendita avviene entro i ✋ 5 anni dall’acquisto o dalla costruzione; passato questo periodo non lo è più.
(ricordiamo che non generano reddito imponibile, anche in caso di cessione infraquinquennale, i fabbricati acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari).

Se viene ceduto un terreno edificabile🏗
La plusvalenza costituisce reddito imponibile SEMPRE, anche trascorsi i 5 anni!

Ecco perché la riqualificazione dei fabbricati in terreni!

Perché se vendo la stamberga del nonno buonanima da demolire, 🏚comprata negli anni 50 a centomila lire, se lo considero fabbricato non pago plusvalenza, se lo considero terreno edificabile invece…💸💸💸💸💸

La giurisprudenza della Cassazione è giustamente sempre stata contraria a questa interpretazione, affermando giustamente che se vendo un fabbricato esso è tale ai fini della plusvalenza.
Non importa se è venduto per essere demolito e all’acquirente interessava solo il terreno.

È così, una volta consolidatosi questo indirizzo della Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate ha finalmente ammesso, nel giorno 29 luglio 2020, che un fabbricato è un fabbricato.

In calce trovate il testo della circolare.

Dott. Valeria Terracina
Notaio in San Donà di Piave Corso Trentin 108
www.terracina.biz
0421 333038 Info@terracina.biz

CIRCOLARE N. 23/E
Roma,
Roma, 29 luglio 2020
OGGETTO: Trattamento fiscale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di fabbricati cd. «da demolire» – Articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR

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INDICE
Premessa……………………………………………………………………3 1. Orientamento sfavorevole della giurisprudenza di legittimità …………5

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Premessa
L’articolo 67, comma 1, lettera b), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), include fra i redditi diversi – se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente – «le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione».
La citata disposizione contempla, in sostanza, due distinte ipotesi di plusvalenza, scaturenti l’una dalla cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni e l’altra dalla cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.
Nella prima ipotesi, condizione per l’imponibilità della plusvalenza è che la cessione dell’immobile intervenga entro cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione del cespite, salvo particolari eccezioni (ovvero con esclusione dei beni acquisiti per successione e delle unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono adibite ad abitazione principale del cedente e dei suoi familiari).
La ratio sottesa è di assoggettare a tassazione i guadagni derivanti dalle cessioni immobiliari poste in essere con l’intento speculativo, che si presume quando intercorra un arco temporale inferiore a cinque anni tra la data di acquisto o costruzione dell’immobile e quella di vendita dello stesso.
Nella seconda ipotesi (cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria) l’imponibilità della plusvalenza non soggiace a condizioni e si

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ricollega al semplice intervento della destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni ceduti.
Conseguentemente, per l’individuazione del corretto trattamento fiscale applicabile ad una cessione immobiliare, assume preminente rilievo stabilire se oggetto della compravendita sia un fabbricato oppure un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.
Con la risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008 è stato chiarito che la vendita a titolo oneroso di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero, approvato in via definitiva dal Comune, è riconducibile alla fattispecie della cessione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, con conseguente tassabilità della plusvalenza a prescindere dal periodo di possesso del cespite.
Tale posizione interpretativa si basa sulla considerazione che se i fabbricati ceduti ricadono in un piano di recupero, da cui notoriamente discende la possibilità di sviluppare in termini di incremento le cubature esistenti, «oggetto della compravendita non possano essere più considerati i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione».
L’Amministrazione finanziaria, sia in sede di risposta alle istanze di interpello che nell’emanazione degli avvisi di accertamento, ha dato applicazione generalizzata al principio espresso nella citata risoluzione, riferendolo anche ad altre casistiche, tra cui le cessioni di fabbricati cd. «da demolire».
Si è quindi consolidata la posizione dell’Amministrazione secondo cui, ai fini dell’imposizione diretta, le singole fattispecie di cessioni immobiliari vanno inquadrate in base all’effettivo e concreto oggetto della vendita, desumibile dalle pattuizioni contrattuali e/o da altri elementi di fatto (tra i quali assumono rilievo, ad esempio: l’avvenuto rilascio del permesso di demolizione e/o di ricostruzione; l’esistenza di un piano di recupero o riqualificazione dell’area su cui sorge il fabbricato; il prezzo di cessione del fabbricato superiore al valore venale dello

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stesso e in linea con il prezzo di mercato delle aree edificabili). Su tali basi è dunque operabile la riqualificazione dell’oggetto della cessione da «fabbricato» a «terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria», con applicazione del trattamento fiscale riservato a quest’ultima ipotesi.
1. Orientamento sfavorevole della giurisprudenza di legittimità
L’interpretazione seguita dall’Amministrazione finanziaria non ha tuttavia trovato conferma nella giurisprudenza di legittimità1, secondo cui, ai fini dell’imponibilità della plusvalenza ex articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR, se oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, detto trasferimento non può mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione ovvero quando l’edificio non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste.
Si richiama, in particolare, la sentenza della Suprema corte n. 5088 del 21 febbraio 2019, emessa all’esito di un’apposita udienza tematica, con cui, operata una ricognizione dei precedenti in materia, sono stati enunciati i seguenti principi di diritto: «a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus; b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste; c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile; d) il potere generale dell’Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove – nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost. – ha previsto
1 Cfr., ex multis: Cassazione n. 22409 del 6 settembre 2019; n. 16718 del 21 giugno 2019; n. 13276 del 16 maggio 2019; n. 9606 del 5 aprile 2019; nn. 5088 e 5089 del 21 febbraio 2019; 23409 del 27 settembre 2018; nn.13628 e 13629 del 30 maggio 2018; n.1674 del 23 gennaio 2018.

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per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale».
In sostanza, secondo l’interpretazione dei giudici di legittimità, se su un’area insiste un qualsivoglia fabbricato, la stessa area deve dirsi già edificata e non può essere ricondotta alla previsione di area «suscettibile di utilizzazione edificatoria» di cui all’articolo 67 del TUIR, atteso che la potenzialità edificatoria si è già consumata.
I principi espressi dalla Corte di cassazione sono stati resi nell’ambito di contenziosi vertenti su diverse fattispecie, tra cui anche l’ipotesi della cessione di fabbricati ricadenti in un piano di recupero (cfr. sentenza n. 9606 del 5 aprile 2019).
In considerazione dell’indirizzo assunto dalla giurisprudenza di legittimità, da ritenersi consolidato, e tenuto conto dei pareri con cui l’Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto non opportuna la prosecuzione in cassazione dei giudizi in materia, devono considerarsi superate le indicazioni contenute nella risoluzione n. 395/E del 2008 e, più in generale, non ulteriormente sostenibili le pretese dell’Amministrazione in contrasto con i principi espressi dalla giurisprudenza richiamata.
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Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA Ernesto Maria Ruffini

Dott. Valeria Terracina

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